Informazioni personali

martedì 12 gennaio 2016

LA PAZIENZA



                                                    LA  PAZIENZA
Come può definirsi la “ pazienza “  ?
La pazienza è la facoltà umana di rimandare la propria reazione alle avversità, mantenendo nei confronti dello stimolo un atteggiamento neutro. La pazienza è una qualità e un atteggiamento interiore proprio di chi accetta il dolore, le difficoltà, le avversità, le molestie, le controversie, la morte, con animo sereno e con tranquillità, controllando la propria emotività e perseverando nelle azioni. È la necessaria calma, costanza, assiduità, applicazione senza sosta nel fare un'opera o una qualsiasi impresa.
Chiaramente , questa è solo una definizione  e appartiene  ad un tipo ottimale , teorico , di comportamento umano.
Più comunemente  si dice che  una persona  è  paziente   quando  ha  un atteggiamento  tranquillo  nei confronti di una situazione di una certa difficoltà , che richiede un  impegno , un  “sacrificio “ personale , mentale o fisico oppure anche psicologico ,  durevole nel tempo , cioè quando la situazione medesima riguardo alla sua definizione ,   implichi  comportamenti  di  attesa  o  impegni  più o meno lunghi.
E’  la  carenza , o addirittura l’ “assenza di pazienza “, Il vero  e  reale  “ Problema “ dell’epoca moderna ; il fattore fondamentale  che  determina  tanti , tantissimi altri  problemi , di tipo individuale e relazionale .
“ Nessuno , al giorno d’oggi , intende  avere pazienza .  Tutto , ogni cosa , ogni situazione , ogni problema deve necessariamente essere risolto nel tempo più breve possibile , nel modo più sbrigativo e più semplice possibile .  Abbiamo tutti fretta ;  al mattino , ci svegliamo  e in fretta ci laviamo , in fretta andiamo in bagno per i nostri bisogni fisiologici , in fretta ci vestiamo , in fretta  facciamo colazione  e in fretta usciamo . Se capita che  qualcosa  non va ( è venuta a mancare l’acqua , non funziona la caldaia , l’ascensore è guasto , etc..) entriamo subito in crisi  e cominciamo  ad  imprecare ( maledetto questo , maledetto quest’altro, etc…) .  Per non parlare di ciò che avviene  lungo il percorso tra casa e luogo di lavoro ; altre imprecazioni , nonché insulti sfrenati a quello che davanti a noi indugia nel procedere con la sua auto ; i rapporti con gli altri  a volte si presentano difficili , proviamo la sensazione  di non  essere compresi , capiti  ;  così facendo , nel corso della giornata i  motivi  di  “ stress “   si  accumulano  ;  tra  le faccende di casa , le varie e molteplici telefonate ( cellulari e fisse ) , e imprevisti di altro genere , non  riusciamo  quasi mai  a soddisfare tutti gli impegni prefissati per quel giorno e  non  abbiamo voglia di sederci ,  con  calma e tranquillità   , accanto  a nostro figlio o figlia , per dedicare a loro  parte del nostro tempo , e  con la dovuta attenzione e pazienza  ,  ascoltare e capire  i  loro  rispettivi problemi personali , che siano di natura scolastica o d’altra natura  e  conseguentemente  aiutar loro , tentando insieme  di risolverli .
Risultato  è che  alla fine della giornata , oltre ad essere stanchi e stressati , specie se  qualche  fatto  non è andato per il verso giusto , ci sentiamo pure  insoddisfatti  e a volte talmente nervosi  da volerci  isolare  e chiuderci nel silenzio  e non aver voglia di parlare  con nessuno .
 Però anche i nostri figli hanno i loro problemi ; non ci parlano più  o se rispondono lo fanno a mezze frasi ; preferiscono passare ore e ore al cellulare , sfogandosi con gli amici ; si isolano e si  incantano dietro lo schermo di un televisore  o di un computer ; loro sanno poco della nostra vita  e noi quasi nulla della loro vita , quella intima  e più personale ; riguardo alla scuola , le notizie le apprendiamo in modo ufficiale , attraverso le segnalazioni da parte degli insegnanti o attraverso i giudizi scritti ;  allorquando vengono rilevati da altri o diventano molto evidenti certi loro comportamenti  strani  o eccessivi ( mutismo , isolamento , indolenza , apatia  oppure  eccitabilità , irrequietezza , iperattività ) , veniamo presi dalle inevitabili  preoccupazioni  del caso  e  cerchiamo aiuto ;  quasi sempre questo aiuto  è costituito di un consulto  di tipo professionale , specialistico , psicologico , neurologico o di altro genere , che viene espresso attraverso un quadro clinico con relative prescrizioni terapeutiche , che molte volte potrebbero  essere  evitate  o forse anche risulterebbero superflue nei casi in cui non vi fosse nessun tipo di patologia , ma soltanto  dovesse trattarsi  di  vuoto inter- relazionale , di  mancanza di interessi  comuni fra genitori e figli , fra alunni e insegnanti , fra mondo degli adulti e mondo dei giovani . Distanze  che potrebbero  di  molto ridursi  nel momento in cui venissero ridimensionati  tutti quei comportamenti di  noi  adulti  erroneamente considerati  indispensabili , irrinunciabili , e invece  rivederli e ricostruiti alla luce di priorità diverse e ben più importanti  ; comportamenti  che potrebbero  esercitarsi  proficuamente  solo usando la  pazienza , maggiore attenzione  e comprensione verso le  difficoltà dei giovani , e  soprattutto  evitando  di scaricare su di loro le tensioni e nervosismi  da  noi  accumulati.

Come distruggono i nostri figli: il post che tutti i genitori dovrebbero leggere
Pubblicato 10 gennaio 2016 - 17.06 - Da Claudio Messora
Figli svogliati e disattenti – Sette mesi prima di morire, il famoso psichiatra americano Leon Eisenberg, che ha scoperto il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), ha dichiarato al settimanale tedesco Der Spiegel che le cause genetiche di tale malattia (sulla quale si basavano l’esclusione della responsabilità genitoriale e molte delle prescrizioni di pillole) erano chiaramente sovrastimate.

di Dr. Tiziana Cristofari (chi è)
Sono una pedagogista-docente e mi occupo di formazione oramai da diversi anni. Troppo spesso però vedo una situazione che non posso più tacere, anche se non è la prima volta che ne parlo. Sono molto indignata per la facilità con cui i nostri bambini vengono giudicati e “torturati” psicologicamente. E non sto esagerando! Perché la tortura non è solo quella fisica, ma anche e ai nostri giorni soprattutto, quella psicologica.
Viviamo in una società molto superficiale, dove i tempi frenetici e la poca pazienza che abbiamo nei confronti dei nostri bambini e delle nostre bambine ci spingono a conclusioni affrettate sulle loro potenzialità e capacità cognitive, purché ci sollevino dall’incombenza di seguirli negli studi.
Troppo spesso i genitori mi portano i loro figli emotivamente avviliti, psicologicamente affranti, demotivati e senza più la minima autostima di se stessi. Arrivano da me dicendomi che il loro bambino o la loro bambina hanno difficoltà nello studio; che piangono perché non vogliono studiare; che non vogliono andare a scuola. Me li portano dicendomi che l’insegnante gli ha detto che sicuramente hanno qualche problema cognitivo, e quando arrivano da me hanno già fatto percorsi con il logopedista e, il più delle volte, il medico gli ha certificato un ritardo nell’apprendimento. Ma sapete una cosa? Nel 99% dei casi il bambino o la bambina non hanno niente, recuperando nel giro di un anno scolastico tutte le carenze!
Mi sono chiesta più volte se voi vi foste mai domandati come reagiscono i vostri figli a tutte queste chiacchiere non vere sulla loro capacità di apprendimento. Vi siete mai chiesti cosa provano? Come stanno? Cosa pensano di tutte quelle ricerche mediche e quelle esercitazioni alienanti alle quali vengono sottoposti, anche solo perché hanno una pessima scrittura? Vi siete mai chiesti guardando la calligrafia di un medico se anche lui fosse disgrafico?
Ve lo dico io cosa pensano i nostri figli! Pensano di essere inferiori, di essere diversi, stupidi, non capaci come i loro compagni di classe. E la loro psiche lentamente cambia e diventa brutta. Perdono la loro autostima, diventano tristi, paurosi e a scuola non rendono più, non si sentono capaci e si convincono di non riuscire negli studi; dentro di loro si domandano perché devono continuare a studiare, perché devono andare a scuola, a cosa serve… perché la scuola non brucia!
Io sono molto indignata con insegnanti impreparati nella didattica che si sentono in diritto di diagnosticare senza averne la competenza. Sono molto indignata con la connivenza di medici psichiatri che devono trovare necessariamente un’anomalia in un bambino che ha solo bisogno di essere rispettato nei suoi tempi di apprendimento, mentre la loro diagnosi è basata su statistiche (vi ricordo che Albert Einstein ha mostrato la sua genialità solo all’università, risultando terribilmente carente in tutti i precedenti corsi di studi, soprattutto in matematica; e nonostante oggi si dica che fosse dislessico, niente e nessuno allora, fortunatamente, gli ha impedito di credere in se stesso e di diventare ciò che tutti noi conosciamo). E vogliamo parlare dei logopedisti che uccidono il pensiero del bambino tediandolo con tanti esercizietti che allontanano sempre più il piccolo dalla scuola? E tutto questo pur di non ammettere che quel paziente non ha bisogno del loro aiuto, ma solo di una efficace didattica che loro ignorano completamente.
Ma è tutto un sistema di scarica barile: l’insegnante ai genitori, i genitori al medico, il medico al logopedista e il logopedista sul problema diagnosticato dal medico che purtroppo si può migliorare, ma non curare. E non c’è la cura semplicemente perché non c’è la malattia!
Ma sono indignata anche con voi genitori! Che non avete la pazienza di ascoltarli, i vostri figli; che li imboccate come se fossero sempre piccoli, senza svezzarli nel rapporto e nella loro continua e costante crescita di competenze. E questo è un ERRORE grave, molto grave, perché non permettete loro di crescere, di sviluppare indipendenza, di conquistarsi quel pezzettino di mondo a scuola che solo a loro appartiene. Non avete voglia di seguire e capire i cambiamenti che la scuola li costringe a sviluppare, non avete la voglia di capire che il vero problema potrebbe essere nel rapporto con voi, con la maestra o con i compagni di classe. Perché è così: quasi sempre il problema scolastico ha le sue profonde radici nel rapporto umano.
Allora non distruggiamo la mente e la vitalità dei nostri figli. Abbiate il coraggio e l’umiltà di valutare il vostro rapporto, di considerare quello che la maestra ha con vostro figlio o vostra figlia, prima ancora di intraprendere un percorso diagnostico, che in quanto tale, nella mente del bambino riporta sempre e comunque a una malattia e quindi a una diversità dai compagni di scuola. Ricordandovi inoltre che oggi quella che viene comunemente definita dislessia il più delle volte è un abuso di terminologia e medicalizzazione su bambini sanissimi, per questione di business. Non confondiamo le difficoltà didattiche e di rapporto con la scusa della malattia, una malattia che nessuno ha organicamente riscontrato e che si basa solo su statistiche. Eviteremo così di crescere bambini insicuri, ribelli, aggressivi, svogliati, tristi, spaventati e senza autostima.

Nessun commento:

Posta un commento