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domenica 29 maggio 2016

POVERTA' E VITALIZI





UNA  SOCIETA’SANA  E  UNA  POLITICA  GIUSTA  PRODUCONO  RICCHEZZA ,  PROGRESSO  SOCIALE  E  BENESSERE  PER  TUTTI  I  CITTADINI .
UNA  SOCIETA’  CORROTTA  E  UNA  POLITICA  INGIUSTA  PRODUCONO  INIQUITA’ ,  INVOLUZIONE  SOCIALE  E  MALESSERE  PER  I  CITTADINI .

La ricchezza  è un bene sociale  solo se  essa  è  equamente redistribuita  nell’ambito della popolazione ;  a tal fine , il solo modo per evitare gravi disparità  di reddito  fra le classi sociali ,  che siano tali da determinare  condizioni di  vita  proibitive in danno dei meno abbienti , è quello di  applicare equamente le  imposte fiscali , cioè in misura  proporzionale  ed  effettivamente  più  incisiva  sui redditi più alti ,  calcolati sull’ammontare reddituale  complessivo  individuale  in  godimento  e di contrastare efficacemente  l ‘evasione  fiscale .
                                  
www.lamiavoce37.blogspot.com
                                        
                                            POVERTA’   E  VITALIZI  

E’ vergognosamente  inconcepibile , scandaloso ,  che in una Società “ civile “ , come l’Italia , in cui il 71 %  in media , fra nord e sud ,  delle famiglie sono proprietarie di casa e dove sono in circolazione circa 37 milioni di autovetture ,  vi siano ancora  persone  costrette a vivere in condizioni di “ povertà assoluta “  ( circa 4 milioni ) .

La cosa più scandalosa e assolutamente non più sopportabile , è il  fatto che persista pervicacemente il mantenimento  di troppo elevati emolumenti economici e nella specie dei vitalizi ancor più scandalosi ,  che continuano  ad essere attribuiti e regolarmente fruiti da parlamentari  , come anche i casi di troppo elevati emolumenti , fra  stipendi e indennità varie , percepiti cumulativamente sia da parlamentari  che da altre persone che ricoprono cariche politico-istituzionali  , mentre la  povertà  in  Italia  aggredisce  milioni  di persone , che  sono ridotte allo stremo , le quali devono la loro sopravvivenza solo a quelle altre persone , fortunatamente non poche , ma sempre insufficienti ,  che danno loro , volontariamente , singolarmente , in modo  personale spontaneo ,  oppure in strutture onlus , una qualche assistenza ,soprattutto alimentare oltre che di natura psicologica e possibilmente di una relativa, limitata e provvisoria sistemazione , come riparo dagli agenti esterni.

sabato 28 maggio 2016

MAI PIU ' LE MAFIE




IN  NOME  DEL  POPOLO  SOVRANO  ( art. 1  della Cost. Italiana )

Per il futuro dell’Italia , dei nostri giovani , che sia di progresso e di sicurezza , liberiamo il nostro Paese dal marciume delle mafie , dai corrotti ,  dagli speculatori , instaurando  un Ordine Democratico   di  Giustizia  Sociale  e  di Legalità ,   di Libertà d’informazione ,  un  sistema  politico sano  , costituito da personalità  autorevoli , oneste ,  culturalmente preparate e politicamente  competenti  .  



CONTRO LE  MAFIE , LE  SOPRAFFAZIONI , GLI  ABUSI ,  LE  VIOLENZE
La rivolta effettiva , fatta attraverso reali comportamenti e di denunce contro le varie mafie , contro i soprusi , contro le violenze , contro i traffici di droghe , dovrebbe sorgere sistematicamente nelle piazze , nelle strade , nei luoghi di lavoro e anche fra le mura domestiche , di tutte le città d'Italia ,Nord ,centro e sud, coinvolgendo tutti i cittadini , in centinaia di migliaia , non solo gli immigrati, di Ballarò ( Palermo ) .........Soltanto così potrebbero crearsi alti muri e barriere , tutte intorno ai mafiosi , che li ridurrebbero in un fatale, drastico isolamento dalla società civile . Purtroppo, però, ciò sarà difficile che possa accadere, sino a quando ancora vi siano centinaia di migliaia di cittadini che chiudono le finestre per non vedere, per non sentire, per non voler parlare su fatti nefandi , su violenze , su ingiustizie e sopraffazioni di cui sono vittime o testimoni . Se tutta la cittadinanza italiana , quella onesta , ( compresi gli immigrati ) volessero sconfiggere le mafie , potrebbero riuscirvi e lo Stato ( cioè magistrati e forze dell'ordine ) farebbero la parte meno difficile, anche se complessa, cioè quella di raccogliere tutte le denunce e le testimonianze e procedere a processi e condanne esemplari......Quando verrà quel giorno , se verrà , verrà la luce che squarcerà il buio della paura , dell'angoscia per tanti onesti e pacifici cittadini , padri di famiglia , lavoratori , imprenditori , altrimenti sarà sempre più il male a prevalere , e a provocare dolore e disperazione per quelle vittime innocenti , che resterebbero sempre in una infelice posizione di minoranza rispetto a tutti gli altri cittadini. Ma la violenza e la sopraffazione mafiosa è un male che non risparmia nessuno, chi più, chi meno, direttamente o indirettamente . Questo dovrebbe essere ben capito da ogni cittadino!


                             MAI  PIU’  LE  MAFIE “ 

                        " Onestà , Legalità , Giustizia " 
"Se la gioventù le negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo." [Paolo Borsellino]
“ La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine." [Giovanni Falcone]

Una cosa è la definizione giuridica di mafia e di associazione mafiosa, un'altra cosa è il suo profilo morale , la sua natura malefica , che è presente e reale , come associazione criminale , ma anche e soprattutto come comportamenti e mentalità nell' ambito sociale e individuale . Probabilmente nessuna sentenza potrà mai condannare una persona come mafiosa solo per il suo modo di essere arrogante e violento , ma ciò non vuol dire che non sia qualificabile mafiosa e condannabile sotto l'aspetto morale ed umano.

                       Autoriciclaggio  e  le  Mafie
Le  varie “ mafie “  non  potranno  mai  essere debellate  sino a quando le loro risorse economiche e finanziarie troveranno coperture e complicità da parte di istituti finanziari o società finanziarie , nel “ riciclaggio “ del denaro  “sporco “ ;  sino a quando lo Stato , attraverso i suoi Organi Politici ( Parlamento e Governo ) , continuerà  a  non  emettere  e rendere  operative  determinate  leggi , che siano veramente efficaci  al fine di colpire in modo definitivo e radicale  al cuore  ogni tipo di mafia .   Cioè , non solo individuando le vie e le coperture  che consentono il deposito e l’accumulo di ingenti somme di denaro “ sporco “ , ma fondamentalmente  utilizzando sino in fondo  gli  strumenti  giuridici  del  Sequestro  e  della  Confisca  di  tutti  i  loro  beni economici  e finanziari .

Per tali motivi , è estremamente importante  l’emissione  di una chiara  legge sullo “ Autoriciclaggio “ che  contempli  pene severe  nei confronti  di  chi  commette tale reato.


: la mappa dei clan

Mafia, ‘ndrangheta, camorra: la mappa dei clan

Dal traffico di droga agli affari sugli appalti. Dalle estorsioni all'usura. Nel nostro Paese è ancora fitta la rete di famiglie e cosche dedite alle peggiori attività illecite. Soprattutto al Sud. Ecco l'elenco dei gruppi criminali attivi in Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Basilicata. Comune per comune
Traffico illecito di armi e droga, estorsioni ad imprenditori e commercianti, riciclaggio e reinvestimento di denaro sporco, affari su piccoli e grandi appalti pubblici. In diverse aree del nostro Paese la criminalità organizzata continua ad esercitare un controllo più o meno stringente del territorio, in particolare nelle regioni meridionali, storicamente più colpite dal fenomeno. L’ultimo (ennesimo) allarme arriva dalla relazione semestrale del ministero dell’Interno sull’attività svolta e i risultati conseguiti dalla Dia, Direzione Investigativa Antimafia (organo investigativo del Viminale). Il rapporto, diffuso la scorsa settimana e relativo al primo semestre 2014, ci consegna ancora una volta una mappa dettagliata delle centinaia di clan e famiglie di mafia, ‘ndrangheta e camorra che operano in Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Basilicata, e che spesso estendono fino al Nord il loro raggio di azione. Ecco quali, provincia per provincia.



                                                      LA   MAFIA 

 PALERMO – Nella provincia di Palermo – descrive la relazione del ministero dell’Interno – Cosa Nostra è impegnata in una costante opera di consolidamento della sua struttura, sia sotto il profilo militare che economico, autofinanziandosi soprattutto attraverso la gestione di traffici illeciti, il riciclaggio e il reinvestimento di denaro sporco. Sarebbe, quella attuale, una fase di riorganizzazione legata all’arresto di alcuni vecchi capi mandamento e capi famiglia e derivante dal fatto che non tutti i nuovi reggenti dei gruppi criminali sembrano possedere l’autorevolezza necessaria. Stando a quanto riporta la Dia, si registrano dunque nell’area difficoltà a compattare le nuove leve e ad attuare le strategie criminali, spesso rimesse in discussione dall’arresto o dalla scarcerazione di alcuni boss. Il territorio provinciale risulta ora diviso in 14 mandamenti, 8 dei quali in città,  e 79 famiglie, di cui 34 in città.
 Tra le attività principali della mafia palermitana vengono segnalate, oltre al riciclaggio, la frode nella distribuzione di carburanti e il traffico e la produzione di stupefacenti. In particolare, il narcotraffico risulta essere una delle maggiori fonti di finanziamento. L’approvvigionamento verrebbe garantito dalla joint venture con associazioni criminali radicate in Calabria e in Campania e dirette referenti dei fornitori. Non sono mancati, infine, episodi di contiguità tra mafia e politica che hanno determinato lo scioglimento di alcuni consigli comunali.
 AGRIGENTO – Cosa Nostra agrigentina, articolata su 7 mandamenti, ha confermato un ruolo di rilievo nei confronti di altre consorterie criminali nella provincia, riuscendo anche a mantenere un ruolo di rispetto nella gerarchia mafiosa della regione. Come a Palermo, però, anche ad Agrigento continua una ricerca di nuovi equilibri, che scaturisce dagli arresti degli anni scorsi e dalle scarcerazioni di vecchi capi. L’organizzazione è comunque verticistica e unitaria, ed interessata prevalentemente al traffico di stupefacenti ed all’acquisizione di denaro pubblico, con un forte predominio territoriale esercitato attraverso l’attività estorsiva. Il pizzo viene imposto ad imprenditori attivi in svariati settori. I proventi vengono poi reinvestiti, attraverso insospettabili prestanome, in attività apparentemente legali, con lo scopo di sottrarre gli illeciti guadagni all’azione di sequestro e confisca da parte dello Stato. Si registrano anche intimidazioni nei confronti di amministratori ed esponenti politici, ovvia dimostrazione un forte e costante interesse a condizionare le decisioni di carattere politico-amministrativo.
 TRAPANI – La provincia di Trapani rimane feudo del super ricercato Matteo Messina Denaro, considerato esponente di spicco dell’intera cupola di Cosa Nostra. Nell’area nel primo semestre 2014 – dice il rapporto del Viminale – non sono emersi mutamenti dell’organizzazione e della struttura mafiosa, che resta articolata in 4 mandamenti e 17 famiglie. La Dia registra un’operatività di sodalizi mafiosi della provincia caratterizzati da basso profilo di esposizione, e interessati a perseguire una sorta di strategia dell’inabissamento. Messina Denaro, capo del mandamento di Castelvetrano può vantare una fitta rete di protezione e favoreggiamento, anche attraverso interposizioni nella gestione di beni e affari. Gli interessi, invece, sembrano focalizzati sul controllo delle attività imprenditoriali e degli appalti pubblici, nel racket delle estorsioni, con relativi atti di danneggiamento, nel traffico di droga e in attività di corruzione per la penetrazione nella pubblica amministrazione.
 CALTANISSETTA – A Caltanissetta e provincia Cosa Nostra appare articolata in 4 mandamenti e risulta interessata soprattutto alle estorsione, all’infiltrazione negli appalti pubblici (con pressioni esercitate sugli amministratori) ed allo spaccio e traffico di droga esercitato non necessariamente attraverso canali di rifornimento e personaggi propri, ma anche provenienti da altri territori. Nell’area, a differenza della maggior parte delle province, si registra una presenza significativa della Stidda, organizzazione mafiosa ben distinta da Cosa Nostra, con influenza in particolare dei comprensori di Gela e Niscemi. E si conferma, inoltre, la propensione della Stidda all’accordo sistematico con le famiglie di Cosa Nostra attive nello stesso territorio, per un’equa ripartizione dei proventi delle attività illecite.
 ENNA – Accade qualcosa di diverso, invece, ad Enna, nella cui provincia, a causa dell’assenza di una guida mafiosa costante e univoca, si vivono fasi alterne di prevalenza della componente nissena o di quella etnea. La Dia, ad esempio, nel periodo tra gennaio e giugno 2014 ha rilevato, nel comune di Catenanuova, l’operatività, al fianco delle storiche famiglie di Cosa Nostra ennesi (ora prive di personaggi dotati di carisma criminale) di un gruppo di diretta emanazione del clan Cappello di Catania. Per quanto concerne le attività illecite svolte, invece, anche quest’area si mostra in linea con il trend della regione, con il traffico di droga diventato negli ultimi due anni la fonte principale di reddito.
 CATANIA – A Catania i rapporti di forza tra sodalizi criminali sembrano non essere mutati. La Dia riferisce di una convivenza pacifica tra le famiglie e di equilibrio tra due schieramenti egemoni. Come a Trapani e in altre province, anche in quest’area i gruppi mafiosi sono bene attenti a mantenere ultimamente un basso profilo, privilegiando l’obiettivo a farsi impresa. Accanto alle tradizionali attività illecite, come estorsioni, usura e traffico di stupefacenti, l’organizzazione investe e ricicla, anche nei circuiti finanziari. Per quanto riguarda la commercializzazione della droga, essa risulta in mano prevalentemente al clan Cappello, che contende una cospicua fetta di guadagni al clan rivale Santapaola. A Catania il fenomeno dello spaccio sembra aver raggiunto un’elevatissima pervasività con interi isolati, se non quartieri cittadini, che vivono di questo tipo di attività illecita. Vista la perdurante crisi economica, i clan non hanno particolari difficoltà ad arruolare nuova giovane manovalanza, attratta da facili guadagni. Ovviamente nemmeno a Catania viene trascurato l’affare dell’infiltrazione nella pubblica amministrazione e della gestione di denaro pubblico attraverso l’aggiudicazione di appalti, subappalti, forniture e servizi.

SIRACUSA – Nella provincia di Siracusa l’organizzazione mafiosa continua ad essere asservita alle logiche e alle strategie di Cosa Nostra catanese. Anche qui, come ad Enna, mancano personalità carismatiche in grado di assumere ruoli di comando. Si registra una situazione di convivenza apparentemente pacifica tra i gruppi criminali attivi nell’area. Principali attività sono quella estorsiva e il traffico di stupefacenti, che sembra comunque essere limitato all’approvvigionamento dalla piazza catanese.
 RAGUSA – Gli influssi dei sodalizi catanesi (e di quelli nisseni) si fanno sentire anche nel territorio ragusano, specialmente nel versante occidentale, a Vittoria, Scicli, Comiso. Ancora una volta si registra, come a Caltanissetta, il peso della Stidda, alla quale è affiliato il clan Dominante-Carbonaro. È legato a Cosa Nostra, invece, il clan Piscopo. I capi mafiosi sembrano comunque dotati di scarso spessore criminale, ma riescono tuttavia, tra una detenzione e l’altra, a compattare intorno a sè estemporanei sodalizi per la gestione degli affari illeciti.
 MESSINA – Nella provincia di Messina lo scenario mafioso è notoriamente caratterizzato dalla presenza di gruppi delinquenziali privi dello spessore dei sodalizi palermitani o catanesi. Si registra però l’influenza della ‘ndrangheta, in ragione della vicinanza geografica alla Calabria.
 A dominare la fascia tirrenica è il clan dei Barcellonesi, molto radicato e in grado di esercitare un forte condizionamento. Il sodalizio è caratterizzato da una solida organizzazione con ripartizione delle competenze tra famiglie e metodi operativi omologhi a quelli di Cosa Nostra palermitana, con la quale rimane in rapporti nella gestione degli affari. Oltre alle consuete attività estorsiva, di traffico di stupefacenti, e di gestione degli appalti, nel primo semestre 2014 la Dia ha rilevato nella provincia un nuovo interesse per lo sfruttamento della prostituzione. Sono comunque attivi nel territorio anche soggetti che operano in autonomia avvalendosi dei metodi mafiosi.


                                                    LA   N' DRANGHETA


REGGIO CALABRIA – Per quanto concerne la Calabria - spiega la relazione del ministero – la ‘ndrangheta ha dimostrato nel primo semestre 2014 una crescente capacità di infiltrarsi nella sfera politico-amministrativa degli enti locali. La regione detiene un primato del numero di provvedimenti di scioglimento di comuni per infiltrazione mafiosa, e le ‘ndrine hanno dimostrato capacità di penetrare nelle realtà politico-amministrative anche lontano dal territorio di origine (lo testimoniano le note recenti inchieste sulla mafia al Nord). A Reggio Calabria la dislocazione delle cosche è caratterizzata dall’esistenza di un organismo direttivo, denominato Provincia, e 3 mandamenti a competenza areale: il mandamento Tirrenico, il mandamento Centro e il mandamento Ionico. Per quanto riguarda il mandamento Tirrenico, il porto di Gioia Tauro si conferma luogo di transito della cocaina proveniente dal Sud America. Sulla base dei dati in possesso della Dia, i sequestri operati nello scalo portuale hanno permesso di intercettare 980 kg di cocaina e circa 10 tonnellate di tabacchi di contrabbando. Nell’area di Gioia Tauro si segnala l’influenza della cosca Molè, un tempo alleata con i Piromalli. Mentre nel comprensorio di Rosarno e San Ferdinando è attiva la cosca Pesce-Bellocco.
 Sulla città di Reggio Calabria, nel mandamento Centro, si segnala ancora la posizione di supremazia delle storiche cosche cittadine De Stefano, Condello, Libri e Tegano. A Sud del capoluogo opera, invece, la cosca Ficara-Latella. Nei rioni Modena e Ciccarello si registra l’attività del sodalizio Borghetto-Caridi-Zindato e Rosmini. Nel quartiere di Santa Caterina, infine, è attiva la cosca Lo Giudice.
 Relativamente al mandamento Ionico, la Dia segnala l’attività, nel comune di Monasterace, ed in quelli limitrofi di Stilo, Riace, Caulonia e Camini, della cosca Ruga, Metastasio, Leuzzi, legata alla cosca Gallace, attiva a Guardavalle, in provincia di Catanzaro.
 Nel comune di Caulonia opera la cosca Vallelonga. A Gioiosa Jonica è attiva la cosca Scali-Urbino, federata con i Costa-Curciarello di Siderno.

CATANZARO – Nessuna novità per quanto riguarda la mappatura della Dia relativa alla provincia di Catanzaro. Unica novità di rilievo del primo semestre 2014 sarebbero – dice il rapporto del Viminale -  due operazioni che hanno disarticolato le cosche Giampà e Torcasio.
COSENZA – Sono sostanzialmente immutate rispetto al secondo semestre 2013 anche le zone di influenza dei gruppi criminali ‘ndranghetisti della provincia di Cosenza.
CROTONE – Per quanto riguarda l’area di Crotone la Dia sottolinea il maggior peso della famiglia Grande Aracri, la stessa dall’operazione della scorsa settimana che ha condotto ad arresti di politici e imprenditori in Emilia Romagna. In particolare la cosca avrebbe assunto il controllo di tutte le attività illecite nella parte più a Nord della regione.
 VIBO VALENTIA – Nella provincia di Vibo Valentia, infine, conserva un ruolo egemone la cosca Mancuso di Limbadi, nonostante negli ultimi anni sia stata colpita da diverse attività investigative. Relativamente alle conflittualità tra sodalizi non sembrano essere sopiti i contrasti tra i cosiddetti piscopiani della frazione Piscopo e i Patania di Stefanaconi, sostenuti dai Mancuso.


                                       LA  CAMORRA 
 NAPOLI – Anche in Campania vengono sostanzialmente confermati assetti criminali consolidati e di ricerca di nuovi equilibri tra clan colpiti da operazioni di polizia. Ma – come sottolinea il ministro dell’Interno nella relazione semestrale – novità potrebbero arrivare dall’area casertana. Il clan dei Casalesi, infatti, sembra in difficoltà operativa alla luce della decisione del super boss Antonio Iovine di collaborare con la giustizia. Il pentimento del capo clan potrebbe avere ripercussioni sugli equilibri del sodalizio. Per quanto concerne invece la redditività delle attività illecite, per la criminalità organizzata campana quella più vantaggiosa è ancora rappresentata dal traffico di stupefacenti. Si tratta del settore nel quale vengono operati i maggiori investimenti per gli ingentissimi guadagni che ne derivano. Va ricordato, in tal senso, quanto accaduto nell’area a Nord di Napoli, centro nevralgico per l’approvvigionamento della droga, dove la fine del predominio assoluto del clan Di Lauro negli anni scorsi ha generato scontri tra gli altri gruppi che ne hanno in parte occupato lo spazio.
 Nella zona centrale del capoluogo campano rimane fitta la rete di clan camorristici operanti. Nel rione Forcella, a causa di tensioni tra il clan Mazzarella ed un gruppo discendente dello storico clan Giuliano, intenzionato ad assumere il controllo dello spaccio di stupefacenti, si vive una situazione di instabilità. Del gruppo criminale in ascesa farebbero parte giovani delle famiglie Stolder-Ferraiuolo-Brunetti-Sibillo, che potrebbero contare sull’appoggio del clan Rinaldi di San Giovanni a Teduccio, che è attivo nella zona orientale della città ma sta estendendo la sua influenza anche nel quartiere Mercato, alle Case Nuove, zona storica del gruppo Caldarelli, a sua volta satellite del clan Mazzarella. Nei quartieri Vasto e Arenaccia, nella zona Ferrovia e a Poggioreale, intanto, continua l’egemonia incontrastata del clan Contini, dotato di ottima capacità militare e politica di alleanze, come quella con il gruppo Mallardo di Giugliano in Campania, i Licciardi di Secondigliano e i Bidognetti della provincia di Caserta. I Contini sembrano aver trovato un equilibrio con lo storico rivale clan Mazzarella. Nei quartieri Spagnoli, invece, sono attivi i clan Mariano e Ricci, quest’ultimo legato al gruppo D’Amico, operante nella zona orientale della città, e due clan di recente formazione, Esposito e Saltalamacchia. La Dia segnala che alcune sparatorie e intimidazioni sono sintomatici di frizioni tra i gruppi Elia del Pallonetto a Santa Lucia, Lepre del Cavone e Mariano, da una parte, ed Esposito e Saltalamacchia dall’altra. Nella zona centrale di Napoli, inoltre, si segnala il ritorno di esponenti delle famiglie Tolomelli e Vastarella, storicamente legate ai Licciardi e feroci antagoniste del clan Misso. Famiglie che hanno l’ambizione di riprendere il controllo di parte del quartiere Sanità, cercando appoggi con i Contini. Il quartiere Sanità, infatti, dopo la disarticolazione del clan Misso, è diventato teatro di accesa conflittualità per la perdita dell’egemonia da parte degli storici gruppi camorristici. Ora si registra l’attività del clan Lo Russo del quartiere Miano e del gruppo Savarese-Sequino, in cerca di alleati e intenzionato ad accordi con le nuove generazioni della famiglia Giuliano. A Poggioreale, intanto, la dissoluzione del clan Sarno ha condotto ad uno scontro tra un gruppo di ex affiliati, ora legati al sodalizio criminale Casella, ed al clan Cuccaro di Barra, federato con la famiglia De Micco. A San Ferdinando, invece, nella zona Chiaia, è attivo il clan Piccirillo, legato al gruppo Licciardi e Strazzullo, e presente anche nella zona Posillipo, considerata a sua volta territorio franco per il riciclaggio di clan della zona nord orientale del capoluogo e di Napoli centro, in particolare dei gruppi Licciardi, Mazzarella e Calone. Al Pallonetto a Santa Lucia, infine, è in corso una lotta per il predominio tra famiglia Ricci dei Quartieri Spagnoli e gli Elia di Santa Lucia.
 Per quanto riguarda la zona settentrionale di Napoli, nei quartieri Vomero ed Arenella domina il clan Cimmino, controllando sia la zona Arenella-Conte della Cerra sia la zona Rione Alto. Ma si registra contemporaneamente anche la presenza dei Polverino di Marano di Napoli, impegnati nel riciclaggio in attività commerciali. A Secondigliano e Scampia, Rione Berlingieri, Miano, Piscinola e San Pietro a Patierno, gli equilibri non sono stabili. Come afferma la relazione del ministero dell’Interno, la geomorfologia appare fluida per la rapidità con cui si creano rapporti di alleanza e forte antagonismo. Nei suddetti quartieri l’attività di spaccio è molto intensa e redditizia. Si segnala, dunque, la presenza in tutta l’area dei gruppi camorristici Amato-Pagano, Di Lauro, Vanella-Grassi, Bocchetti, Licciardi, Lo Russo e Abete-Abbinante-Aprea-Notturno.
L’area orientale della città comprende i quartieri San Giovanni a Teduccio, Ponticelli e Barra. A San Giovanni a Teduccio si contrappongono lo storico clan Mazzarella, che conta sull’appoggio delle famiglie Formicola-Silenzio e D’Amico ed il cartello composto dai gruppi Reale, Rinaldi e Altamura. A Barra, invece, e nel rione Lotto Zero di Ponticelli, dopo anni di egemonia del sodalizio Cuccaro-Aprea è in atto un tentativo di conquista di spazio da parte del gruppo Amodio-Abrunzo, formato da pregiudicati usciti dal suddetto clan e sostenuti dagli Abete-Notturno-Aprea e De Micco, già legati ai Cuccaro. A Ponticelli è attivo il gruppo De Micco, forte di una ampia disponibilità di armi e diventato referente per la fornitura di stupefacenti di una gran parte dell’area orientale. Ai De Micco si contrapporrebbe il clan D’Amico, formato da esponenti del dissolto clan Sarno.
Per quanto concerne, poi, l’area occidentale di Napoli si rileva un’elevata frammentazione delinquenziale che ha determinato faide provocate dalla necessità di evitare sconfinamenti da parte di gruppi rivali. Come riporta il rapporto del Viminale, A Soccavo opera la famiglia Grimaldi, legata ad esponenti della malavita di Pianura e del Rione Traiano. L’antagonista sarebbe il gruppo Vigilia, formato da alcuni fuoriusciti dal clan. A Fuorigrotta, intanto, opera il gruppo Zazo, al quale si sarebbero aggiunti i pochi elementi liberi del clan Bianco, non più attivo. Il gruppo Zazo è impegnato nel traffico di droga e nella contraffazione e risulta legato alla famiglia Mazzarella. Nel Rione Traiano, invece, altra zona dove è intenso lo spaccio di droga, si registra l’egemonia del clan Puccinelli, favorito dall’assenza dalla scena dei suoi antagonisti, ovvero i capi del contrapposto gruppo Leone-Cutolo, detenuti in esecuzione di pesanti condanne. A Pianura sembra ridimensionato il clan Lago, che ha ceduto spazio al gruppo Marfella. A Bagnoli, Agnano e su parte della zona di Cavalleggeri d’Aosta permane, infine, la presenza del clan D’Ausilio, anche se ridimensionato da arresti e collaborazioni. Nella stessa area ha comunque acquistato spazio il gruppo scissionista Esposito, originario di Secondigliano e legato alla famiglia Licciardi.
Nel versante occidentale della provincia si registra l’egemonia dei Polverino a Quarto. Mentre a Bacoli e Monte di Procida opera il clan Pariante, dedito allo spaccio e legato agli Amato-Pagano di Secondigliano. Per quanto concerne invece la zona settentrionale della provincia, a Casavatore è attivo il gruppo Vanella-Grassi e il clan Ferone. A Qualiano e Villaricca, invece, gruppi locali sono interessati all’acquisizione di appalti pubblici, alle estorsioni, al riciclaggio e al traffico di droga mediante importazione dall’estero di ingenti quantitativi, ma d’intesa con altri clan. A Marano di Napoli persiste l’egemonia del clan Polverino, presente anche a Quarto e Villaricca e caratterizzato da una forte vocazione imprenditoriale, che si manifesta, ad esempio, con l’interesse nell’edilizia residenziale e nelle attività turistico-alberghiere. Il clan Mallardo, alleato con i Bidognetti e i Contini, opera incontrastato a Giugliano in Campania. Afragola è invece il comune di origine del clan Moccia, egemone incontrastato per la gestione e il controllo di tutte le attività illecite anche a Casoria, Caivano, Arzano, Cardito, Crispano, Frattamaggiore e Frattaminore, e proiettato anche in altre regioni e all’estero. Ad Acerra e dintorni si ritiene disarticolato il clan Crimaldi, così come i clan De Sena e Di Falco-Di Fiore. Pertanto, nella vasta area tra i comuni di Casalnuovo, San Felice a Cancello e Santa Maria a Vico opererebbero gruppi criminali non aventi connotazione tipica dei clan e dediti prevalentemente ad estorsioni, spaccio e rapine.
 Nell’area vesuviana e nolana si registra il controllo delle attività illecite soprattutto da parte dei clan Cava, originario di Quindici, nell’Avellinese, dei Fabbrocino di San Giuseppe Vesuviano e dei Moccia di Afragola, che hanno assorbito altre compagini criminali locali facendole diventare proprie strutture satellite. Si conferma la forte vocazione imprenditoriale del clan Fabbrocino, le cui ingenti disponibilità economiche avrebbero contribuito al rafforzamento del vincolo di omertà dei suoi consociati. Ma non solo. la relazione del ministero descrive che le capacità imprenditoriali di molti affiliati hanno consentito al gruppo camorristico di penetrare nel settore dell’abbigliamento e del commercio di alimenti in alcune regioni del Centro e del Nord del Paese, come Lombardia, Emilia Romagna, Umbria e Marche. Intanto, a Pomigliano d’Arco, Castello di Cisterna, Brusciano (dove opera il clan Ianuale, presente anche a Mariglianella), Marigliano, Pollena Trocchia, San Sebastiano al Vesuvio, Somma Vesuviana e Sant’Anastasia opera il clan Castaldo-Anastasio. Nella stessa zona sono però attivi anche pregiudicati di riferimento del clan Mazzarella, insediatisi nella zona di Marigliano. A Somma Vesuviana, intanto, si segnala l’infiltrazione dei clan Cuccaro e Rinaldi di Barra attraverso pregiudicati locali.
 Infine, la fascia costiera a Sud di Napoli, la provincia meridionale. A Portici e San Sebastiano al Vesuvio il clan Vollaro detiene l’egemonia assoluta delle estorsioni, del traffico di droga, del lotto clandestino e dell’usura. Ad Ercolano, invece, si registra l’attività, in contrapposizione, degli Ascione-Papale e dei Birra-Iacomino. A San Giorgio a Cremano opera il clan Abate, con proiezioni in Emilia Romagna. A Torre del Greco i clan Falanga e Di Gioia. A Torre Annunziata sono attivi i Gionta. Il sodalizio Gallo-Limelli Vangone è presente sia a Torre Annunziata che nei comuni di Boscoreale, Boscotrecase e Trecase. A Castellammare e nei comuni vicini, infine, agiscono i clan D’Alessandro e Cesarano.
 CASERTA – Come già detto, il clan dei Casalesi, che domina gli affari illeciti nella provincia di Caserta, deve fare i conti con la collaborazione con la giustizia del super boss Antonio Iovine. Il gruppo criminale sta quindi vivendo una difficile fase di transizione già affrontata qualche anno addietro, all’indomani della cattura dei un altro esponente al vertice del sodalizio camorristico, Michele Zagaria, in manette nel 2011. Tuttavia, non va dimenticato che i Casalesi sono già riusciti in passato a rigenerarsi reclutando nuove leve da affiancare a vecchi sodali, nonostante siano stati oggetto negli anni di un’efficace attività di contrasto. Dunque, il clan casertano, sembra in questa fase intenzionato a rafforzare la propria presenza nelle aree di influenza, invece che estendersi in altre zone della provincia, zone in cui però si sta rafforzando la forza criminale delle organizzazioni non federate nel cartello.
 La fazione Bidognetti a quanto pare ha ripreso a compiere estorsioni nei comuni di Parete, Teverola e Castel Volturno. Il gruppo Schiavone, invece, risulta sempre molto forte militarmente. Mentre il gruppo Zagaria viene considerato pericoloso soprattutto per la capacità di infiltrazione in diversi settori dell’economia, in particolare nella gestione dei servizi pubblici e negli appalti (come ha dimostrato la recente operazione sulle gare per i lavori in un ospedale casertano). Nella provincia, oltre ai gruppi federati ai Casalesi operano, nella zona di Marcianise, il clan Belforte e il gruppo Piccolo. I due clan mantengono con i Casalesi un rapporto di non belligeranza.
 SALERNO – Nella provincia di Salerno le organizzazioni camorristiche sembrano caratterizzate da una struttura di tipo orizzontale, con diversi centri decisionali e orientata prevalentemente al raggiungimento di obiettivi immediati di finanziamento e non medio-lunghi. Nell’area si registra una disaggregazione di vecchi cartelli criminali e la coagulazione di nuovi gruppi sia in città che lontano dal capoluogo. Nel dettaglio, a Bracigliano e a Mercato San Severino si registra la presenza del clan Graziano, originario di Quindici, in provincia di Avellino. A Salerno città si conferma la ripresa dell’egemonia del gruppo Panella-D’Agostino. Nell’agro nocerino-sarnese, in seguito alle azioni di contrasto degli anni scorsi, lo scenario delinquenziale appare in fase di assestamento. La gestione del traffico e dello spaccio di droga avviene attraverso alleanze con i gruppi dell’area napoletana, in particolare di Castellammare di Stabia e Torre Annunziata. A Pagani è attivo il sodalizio Fezza-D’Auria. A Nocera Inferiore e Nocera Superiore, invece, accanto allo storico clan Mariniello, si registra l’operosità di gruppi formati da giovani pregiudicati già legati a sodalizi del vicino comune di Pagani. È lo stesso che avviene ad Angri. A Cava de’ Tirreni, oltre a soggetti criminali già legati al clan Bisogno, operano pregiudicati che fanno riferimento al gruppo Celentano. Infine, nella parte Sud della provincia, nella Piana del Sele, risultano attivi gruppi criminali emergenti dediti sia alle estorsioni che al traffico di stupefacenti.
  BENEVENTO – Situazione stabile in provincia di Benevento, dove si conferma l’egemonia del gruppo camorristico Sperandeo, alleato con il clan Pagnozzi originario di San Martino Valle Caudina, in provincia di Avellino, ma presente anche a Montesarchio, Airola e paesi limitrofi. Il clan Pagnozzi agisce, tra l’altro, in sinergia con il gruppo Saturnino-Bisesto di Sant’Agata de’ Goti e con il sodalizio Iadanza-Panella attivo a Montesarchio Bonea, Bucciano, Castelpoto, Campoli del Monte Taburno, Tocco Caudio, Cautano e Forchia. Anche qui gli interessi variano dal traffico di droga all’usura, dalle estorsioni alle infiltrazioni nell’affare degli appalti pubblici.
AVELLINO – Nell’Avellinese viene confermato il predominio del clan Cava di Quindici, storico rivale dei Graziano, originario dello stesso comune. Al momento non vengono registrati episodi di conflittualità tra i due gruppi camorristici, ma la scarcerazione di qualche esponente di spicco dell’uno o dell’altro clan potrebbe rompere gli attuali equilibri. I Cava negli ultimi anni hanno approfittato dell’indebolimento del clan Russo di Nola, in provincia di Napoli, per proiettarsi in un nuovo territorio attraverso gruppi satellite come i clan Giugliano e Sangermano (quest’ultimo di San Paolo Belsito, Napoli). Nel comune di Avellino, intanto, sembra riorganizzarsi la famiglia Galderi, mentre sono ancora in carcere gli elementi di spicco del gruppo Genovese .
BARI – Per quanto concerne la Puglia, la Dia rileva che il fenomeno criminale, grazie all’azione di contrasto e alla collaborazione con la giustizia di alcuni affiliati alla Sacra Corona Unita, appare oggi non unitario, ma disgregato e disomogeneo. La regione, infatti è dunque caratterizzata dalla presenza di una pluralità di gruppi mafiosi, caratterizzati da continui mutamenti, spesso legati anche a delle faide. A Bari e in provincia, ad esempio, si registrano tensioni legate alla ridefinizione degli equilibri criminali e delle posizioni di vertice, che a volte degenerano in scontri cruenti. A restare operative sono soprattutto giovani e ambiziose leve, che risultano però nello stesso tempo anche inesperte e pericolose. I quartieri maggiormente interessati alle faide sono San Paolo (dove emergono contrasti tra il clan Montani-Telegrafo e il gruppo Mercande-Diomede), San Girolamo (teatro di uno scontro tra i Lorusso e i Campanale) e Libertà (dove hanno luogo contrasti interni al clan Mercante). Situazioni invece stazionarie si registrano nei quartieri di Carbonara e Ceglie del Campo (tra i clan Di Cosola e Strisciuglio), nel Borgo Antico (tra i Strisciuglio e i Capriati), nel quartiere Madonnella (dove si registra la presenza del clan Di Cosimo-Rafaschieri), e, infine, nel quartiere Japigia (dove operano i clan Parisi e Palermiti). Le attività illecite più diffuse sembrano essere quelle del traffico e dello spaccio di stupefacenti e delle estorsioni ai danni dei commercianti.
Per quanto concerne la provincia di Bari, poi, la Dia segnala la contrapposizione tra  clan Conte-Cassano e Cipriano nella città di Bitonto, il contrasto tra elementi del gruppo La Selva e del gruppo Panarelli a Conversano, e, in ultimo, l’egemonia del sodalizio Zonno a Toritto
 BARLETTA-ANDRIA-TRANI – La provincia di Barletta-Andria-Trani si caratterizza dalle altre per la diffusione di una specifica attività criminale: le rapine agli autotrasportatori, spesso realizzate su strade trafficate con tecniche paramilitari che possono prevedere anche il sequestro lampo dei conducenti dei tir. In ogni caso si segnala la presenza dei gruppi criminali Miccoli e Gallone-Carbone a Trinitapoli e del sodalizio Pistillo-Pesce ad Andria.
FOGGIA – A Foggia e provincia le organizzazioni criminali sono state ridimensionate da numerose inchieste giudiziarie e da severe condanne. Ma solo in parte sono stati fermati gli episodi di sangue, visto che la forte crisi economica favorisce la costituzione di un serbatoio nell’ambito della criminalità comune dal quale attingere manovalanza. Nel rapporto del Viminale si segnala la presenza del clan Sinesi-Francavilla in città, in contatto con la criminalità organizzata di San Severo.
LECCE - I gruppi criminali della provincia di Lecce erano un tempo legati alla Sacra Corona Unita. Ora, dopo un’efficace azione di contrasto attuata negli anni, i sodalizi non sono più organizzati in maniera verticistica, limitandosi ad operare in sinergia, preferendo un profilo basso, una strategia di inabissamento. Si segnala comunque la presenza in città del clan Rizzo, capeggiato da uno storico boss della S.C.U.  leccese. Il gruppo è egemone soprattutto nel traffico di stupefacenti e nelle estorsioni. La maggiore influenza viene esercitata nel rione Castromediano. In provincia controlla invece i territori dei comuni di Cavallino, Lizanello, Melendugno, Merine, Vernole, Caprarica, Calimera e Martano.
BRINDISI – Sembra statico il contesto criminale anche nella provincia di Brindisi, che negli ultimi anni ha subito un incisivo contrasto investigativo grazie alla collaborazione con l’autorità giudiziaria della frangia brindisina e mesagnese della Sacra Corona Unita. Nessuno dei fatti di sangue verificatisi nell’area sembra comunque essere riconducibile a contrasti tra cosche. Anche qui le principali attività illecite sono rappresentate da traffico di stupefacenti ed estorsioni, quest’ultime esercitate perlopiù attraverso pretese di piccole somme di denaro. Ma si registrano anche usura e gestione degli apparecchi elettronici.
TARANTO – Gli assetti sono immutati anche a Taranto e provincia, dove i gruppi criminali ricavano i maggiori introiti dal traffico di droga, esercitato in sinergia con pregiudicati calabresi o baresi.
Molto diffusa l’attività estorsiva ai danni ai danni di imprenditori, commercianti e artigiani, spesso vittima di attentati dinamitardi o incendiari.
POTENZA E MATERA – In Basilicata viene rilevata la presenza residuale di gruppi criminali che, dopo essere stati disarticolati nel tempo dalle censure penali, non manifestano segnali palesi di vitalità. Questa situazione agevola l’attività di gruppi omologhi provenienti dalle regioni limitrofe. L’attività prevalente del traffico di droga riguarda soprattutto l’area tirrenica, confinante con Calabria e Campania. A Potenza si registra la presenza dei clan Cassotta, Di Muro, Martucci, Rivezzi, Martorano e Stefanutti. nella provincia di Matera, invece, si segnala nel primo semestre 2014 la presenza dei clan Scarcia, Mitidieri-Lopatriello e Zito-D’Elia.
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NOTA – La relazione del Ministero dell’Interno al Parlamento sull’operato e i risultati conseguiti dalla Dia nel primo semestre 2014 non riguarda solamente famiglie e clan della criminalità organizzata siciliana, calabrese, campana, pugliese e lucana, ma anche le organizzazioni criminali straniere che operano sul territorio nazionale (quella albanese, nordafricana, centrafricana, sub sahariana, cinese, sudamericana, romena, russa). Non mancano, inoltre, informazioni relative alle proiezioni extraregionali ed internazionali delle cosche italiane.



                                       MAFIA  CAPITALE




IL  RICICLAGGIO  CRIMINALE
Dopo la droga e le armi, il traffico illecito di opere d’arte è il terzo mercato più lucroso per le organizzazioni criminali .
Un mercato da circa 78 milioni di euro, che nel 2012 si è impennato del 39% rispetto al 2011. Dopo armi e droga il traffico illecito di opere d’arte è stimato come il terzo mercato criminale più lucroso, con profitti globali stimati intorno agli 8 miliardi di euro. «L’investimento o il reinvestimento di capitali illeciti in arte è uno dei più sicuri perché non perde valore ed è semplice da sottrarre all’aggressione patrimoniale Una catena criminale che va dal furto, alla falsificazione, fino all’opera dei cosiddetti “tombaroli”, cioè coloro che effettuano abusivamente scavi archeologici. Le opere rubate o falsificate vengono immesse sul mercato clandestino , anche utilizzando il web .
Un business per le organizzazioni come ’ndrangheta, cosa nostra e camorra, oltre ad almeno altre tre o quattro organizzazioni criminali nel mondo. Lo stesso ex procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso non ha esitato nel dire che il «traffico di opere d’arte è tra i principali guadagni delle mafie». Soldi sporchi a spasso per il globo, che transitano per gli immancabili paradisi fiscali e difficili da stanare .
 Investire in arte per le mafie, chiaramente ben consigliate da esperti del settore, è conveniente e sicuro: prima di tutto le pene previste nel caso in cui si venisse scoperte sono irrisorie per chi è abituato a ben altri pericoli del codice penale.
Riguardo a tutto ciò la legislazione è insufficiente» Pene troppo leggere, che non spaventano chi mercanteggia illegalmente opere d’arte, e una legislazione che rende non facile l’aggressione patrimoniale e le indagini. Secondo gli investigatori i limiti dell’attuale codice dei Beni Culturali non permettono di svolgere appieno le attività d’indagine, anche perché, spiegano, ormai quelli che operano nell’illegalità con le opere d’arte utilizza sistemi ben sofisticati .






                                     LA  MAFIA 

 


                                                  LA      N' DRANGHETA














Allarme Dia: in Lombardia la ‘ndrangheta prospera, oltre 30 i clan attivi, mai così tanti. Ecco la mappa
8 ORE






Una parte della cartina delle famiglie di 'Ndrangheta presenti in Lombardia. Dalla Relazione di Attività secondo semestre 2018 della Dia

Trenta Locali (cioè cosche) di ‘ndrangheta sono attive oggi, ora, mentre scriviamo, in Lombardia. Lo certifica la Relazione sul secondo semestre 2018 di attività della Dia (Direzione Investigativa antimafia).
Era dal 1994 – cioè da prima dello spartiacque epocale che fu l’indagine “Crimine-Infinito, che a partire dal 2003 sancì ufficialmente la presenza della ‘ndrangheta nella principale regione del Nord Italia – che non si registrava un numero tanto elevato di famiglie in piena attività criminale.
A Milano, nella sua provincia e nel resto della Lombardia la ’ndrangheta ha consolidato il suo radicamento attraverso la stretta interconnessione tra le “locali” presenti e la “casa madre” del “Crimine” reggino. Se prendiamo una cartina politica (criminale) della regione più industrializzata d’Italia, troviamo:
  • le locali di Milano città (4), Bollate, Bresso, Cormano, Corsico, Pioltello, Rho, Solaro e Legnano;
  • quelle di Como città, Erba, Canzo-Asso, Mariano Comense, Appiano Gentile, Senna Comasco, Fino Mornasco e Cermenate;
  • Monza-Brianza città, Giussano, Desio, Seregno, Lentate sul Seveso e Limbiate;
  • Lecco e Calolziocorte;
  • Locale di Lumezzane (Brescia);
  • Locali di Pavia e Voghera
  • Locali di Varese e Lonate Pozzolo.
Si tratta di nuclei che agiscono in modo autonomo tra loro – ma non rispetto alle rispettive “case madri calabresi” –, coordinate a livello locale da un organo chiamato “La Lombardia”, retto dal capo della famiglia più autorevole (fino a poco fa, i Barbaro, originari di Platì (RC)).
Una ‘ndrangheta in piena salute, quindi, nonostante l’imponente attività di contrasto portata avanti dalla Dia da una parte e dalla DDA, Direzione Distrettuale Antimafia, dall’altra.
Tanto che “per la prima volta nella storia delle relazioni DIA compare la cartina della Lombardia”, sottolinea preoccupato il presidente della Commissione Antimafia del Comune di Milano, David Gentili, “È un salto culturale. Non sono indicate le famiglie (nella mappa, ndr), ma mai era comparsa, come invece è tradizione che siano presenti le cartine delle province Calabre, di Napoli, della Campania e dei mandamenti siciliani”.
Un dato per tutti spiega la situazione: la Lombardia è al quarto posto per numero di immobili confiscati (dopo Sicilia, Campania e Calabria) e al quinto per il numero di aziende confiscate (dopo Sicilia, Campania; Lazio e Calabria).
“Allo stato attuale, in Lombardia, sono in corso le procedure per la gestione di 1.796 immobili confiscati, mentre altri 1.141 risultano già destinati. Sono, altresì, in atto le procedure per la gestione di 269 aziende, a fronte delle 83 già definite”.
Tra questi troviamo alberghi, ristoranti, attività immobiliari, commercio all’ingrosso, attività manifatturiere ed edili, terreni agricoli, appartamenti, ville, fabbricati industriali, negozi (dati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata). La classifica dei sequestri per provincia recita: Milano, Monza Brianza, Varese, Pavia, Brescia, Bergamo, Como, Cremona, Lecco, Mantova, Sondrio e Lodi.

Per gli investigatori, oggi, “la penetrazione del sistema imprenditoriale lombardo appare sempre più marcata da parte dei sodalizi calabresi, ma anche le mafie di estrazione siciliana e campana si mostrano in grado di esprimere la stessa minaccia”, mentre appare “meno significativa” la criminalità organizzata pugliese, “che si manifesta episodicamente, nella quasi totalità dei casi per reati connessi al traffico di sostanze stupefacenti e contro il patrimonio”.
L’attività investigativa ha dimostrato “una tendenza sempre maggiore di tentativi di infiltrazione nel settore degli appalti pubblici e nel rilascio delle autorizzazioni, licenze e concessioni pubbliche. In particolare, i settori commerciali con più provvedimenti prefettizi, nel semestre (2018), risultano quelli della ristorazione, giochi e scommesse, costruzioni, autotrasporto di merci, autodemolizioni, commercio auto”.
Bergamo è l’eccezione (in negativo)
Ma se questi dati confermano (ancora una volta) tendenze già in parte note, del tutto nuovo è il fenomeno – assai preoccupante – che ha caratterizzato le cosche bergamasche, la cui infiltrazione è stata tutt’altro che “silente”.
All’ombra di Città Alta, infatti, le nuove generazioni di ‘ndranghetisti “blasonati” “non sembrano manifestare la tipica propensione imprenditoriale e la capacità di “mimetizzarsi”, propria di altri gruppi calabresi stanziati in Lombardia”. Queste nuove leve, infatti, pur non disdegnando le attività illecite più “sofisticate” (riciclaggio e reimpiego di capitali), “sembrano privilegiare strategie “militari” di controllo del territorio che – per quanto meno evolute nel profilo economico-criminale – creano tuttavia un diffuso allarme sociale, proprio per la pratica della violenza e della intimidazione”. Insomma, i nipoti dei vecchi boss non tengono il profilo basso professato dai capi, ma uccidono, gambizzano, taglieggiano in pieno giorno. Davanti all’intera comunità, la quale non ha mai denunciato. Anzi.
Milano città, il reame dei Barbaro-Papalia
Nel semestre in esame, sono state numerose le operazioni portate a termine e gli arresti. Il che è un bene, se si considera l’attenzione delle istituzioni per il fenomeno, un male se la si guarda dalla parte della diffusione capillare del “mercato dell’illegalità” gestito dalle varie Locali.

La cattura del boss Rocco Barbaro a Platì (Rc) nel maggio del 2017. Foto dei Carabinieri
Tra le varie indagini, possiamo ricordare:
  • A luglio 2018 l’operazione “Red Carpet”, che ha portato in carcere 23 persone accusate di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, corruzione, trasferimento fraudolento di valori, ricettazione, riciclaggio, intercettazioni illegali e lesioni. Le indagini hanno riguardato due gruppi criminali interconnessi attivi nei quartieri della Comasina e Bruzzano. A gestire il traffico di droga, uomini del clan Flachi, attivo in Lombardia sin dagli anni ’90;
  • Ad ottobre, con l’operazione “Quadrato”, i Carabinieri hanno arrestato 14 soggetti per associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di cocaina al Quadrato di Corsico. Un bar, riconducibile al clan Trimboli di Platì (RC), era uno dei tre esercizi pubblici in cui veniva gestito lo spaccio. Tra i promotori dell’associazione anche un appartenente di spicco del clan Barbaro, sempre di Platì (RC). Questa famiglia, che da decenni regna incontrastata a Corsico, è l’epicentro nella gestione ‘ndranghetista della regione. Il 10 ottobre 2018, il Tribunale di Milano ha condannato il 54enne Rocco Barbaro a 16 anni, riconoscendolo colpevole di associazione di tipo mafioso, nonché effettivo proprietario del bar Vecchia Milano di corso Europa, intestato fittiziamente ad un prestanome (condannato anche il nipote, Antonio Barbaro). Il processo ha indicato Rocco – figlio del patriarca “Cicciu u Castanu” – come il reggente de “la Lombardia”, nonché vero cervello del narcotraffico internazionale in Italia. Nell’autunno 2016, con rito abbreviato, era stato condannato a 8 anni anche il figlio di Rocco, Francesco.
  • Tra ottobre e novembre, gli ultimi arresti dell’operazione “Miracolo” – in carcere finiscono “39 soggetti dediti al traffico internazionale di stupefacenti” – sono importanti perché hanno dimostrato “l’estrema capacità dei gruppi di entrare in connessione tra loro per il raggiungimento di un obiettivo comune”. In una prima tranche erano stati arrestati gli affiliati al gruppo Cilione (cosca di Melito di Porto Salvo (RC)), che detenevano il monopolio dello spaccio nel quartiere di Bonola e a Robbio (PV), nonché gli affiliati al gruppo Cademartori-Ponzo, “contiguo ad alcuni sodalizi mafiosi etnei, in particolare ai clan Pillera-Puntina, Laudani, Cursoti (che si occupavano di organizzare l’importazione dello stupefacente), e del napoletano (Gionta)”. In una seconda tranche, vengono arrestati gli uomini legati ai gruppi Luongo di Manfredonia (FG) e, naturalmente, ai Barbaro, protagonisti dello spaccio di droga anche nel quartiere di San Siro.
Ma se a Milano città va male, in provincia è anche peggio: grazie all’operazione “Linfa” finiscono in manette 10 persone. Tra questi spicca il nome di G. M., 58 anni, originario di Rosarno (RC), che dalla sua residenza in Svizzera, ogni giorno raggiungeva Rodano (MI) e Casorate Primo (PV) per gestire le partite di stupefacenti per conto dei Bellocco e dei Pesce, clan della Piana di Gioia Tauro, nel Reggino. L’altro nome grosso è quello del 47enne Francesco Cicino, di Guardavalle (Cz), già braccio destro di Carmelo Novella, il boss reggente della ‘Ndrangheta in Lombardia, ucciso in un agguato a San Vittore Olona il 14 luglio 2008 perché “reo” di aver cercato di rendere le locali lombarde indipendenti dalla Calabria. Nel blitz vengono sequestrati anche 149 chili di marijuana, 6 chili di cocaina e 40mila euro in contanti. L’attività investigativa ha anche dimostrato come alcuni imprenditori lombardi si rivolgessero scientemente agli ‘ndranghetisti per riscuotere crediti vantati nei confronti di altri imprenditori.
A novembre, con l’operazione “Pineapple” è stata bloccata un’associazione criminale, composta per lo più da calabresi, attiva tra Milano, Busto Arsizio (VA) e territori limitrofi, specializzata nel traffico internazionale di cocaina, tra Repubblica Domenicana e Italia. Sette gli arresti totali.
Il summit dei 23 boss delle Locali della Lombardia riuniti nel circolo “Falcone e Borsellino” il 31 ottobre 2009.
Nel restante territorio regionale, invece, siamo messi anche peggio. “La posizione privilegiata nei rapporti commerciali con le province limitrofe e con la Svizzera, la provincia di Como ricade inevitabilmente nelle mire delle organizzazioni criminali e della ’ndrangheta in particolare, tanto da far registrare, nel tempo, la presenza delle locali di Como, Erba, Canzo-Asso, Mariano Comense, Appiano Gentile, Senna Comasco, Fino Mornasco e Cermenate”. Presso il Tribunale di Como sui è celebrato il processo di primo grado dell’inchiesta “Ignoto 23”, che ha portato alla condanna di Fortunato Calabrò.
Un processo importante, perché ha dato un volto al 23° partecipante – l’unico sfuggito per oltre 5 anni alla giustizia – al summit tenuto presso il centro anziani “Falcone e Borsellino” di Paderno Dugnano, il 31 ottobre 2009 che scelse Pasquale Zappia come referente delle cosche al Nord Italia in sostituzione di Carmelo Novella.
Nello stesso procedimento erano “state indagate 13 persone, tra cui il nipote del boss della cosca africese Morabito, per associazione di tipo mafioso, estorsione in danno di alcuni esercizi commerciali, detenzione e porto abusivo di armi, lesioni aggravate e danneggiamento, con l’aggravante del metodo mafioso. Gli imputati sono ritenuti al vertice della locale di Limbiate (MB) ed in stretta correlazione con la locale di Mariano Comense (CO)”. Nel fascicolo erano entrati anche una serie di “eclatanti atti criminali, quali gambizzazioni, spari con armi da fuoco in pieno centro abitato e lanci di bottiglie incendiarie”, registrati a Cantù.
Le presenze della ‘ndrangheta sono riscontrate anche negli altri territori, come in provincia di Mantova, dove a un imprenditore edile originario della provincia di Crotone, ma da anni residente a Curtatone (MN) – già condannato per usura -, sono state confiscate quote di società immobiliari per oltre 5 milioni di euro a causa della sua contiguità con le cosche della Lombardia orientale.
A Monza, invece, il sequestro ha colpito società, immobili e conti correnti, per un valore complessivo di circa 2 milioni, di un imprenditore originario di Santa Caterina dello Jonio (CZ), ritenuto contiguo alla locale di Giussano (MB) e organico alla cosca del catanzarese Gallace-Ruga-Leotta.  Per i pm, “l’uomo si occupava della custodia delle armi e manteneva i contatti con i familiari degli affiliati ristretti in carcere, garantendo loro anche l’assistenza economica”.
Le cosche Chindamo-Lamai e Ferrentino di Laureana di Borrello (RC) avevano invece scelto l’Oltrepò pavese e il Vogherese “per aprire imprese edili che permettessero di mascherare attività criminali, che comprendevano anche il traffico di armi e di stupefacenti”. Il 17 ottobre le condanne per i 12 inquisiti hanno superato complessivamente i 100 anni di carcere.













                  LA   CAMORRA 











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